@ Maria Pina
Il cinema di fantascienza è un genere sempre più controverso e ambiguo: a questo filone appartengono pellicole di estrema povertà, come anche opere tra le più impegnate e di spessore della storia del cinema. Si pensi a un cult del genere come “2001: Odissea nello spazio”; ci siamo lasciati alle spalle l’inizio del millennio e i viaggi sulla luna al suono de “Il Bel Danubio Blu”: essi non fanno parte della prassi quotidiana, ma quanta verità profetica nella supremazia del computer sulla gestione delle attività umane!
“Se qualcuno ha capito qualcosa, ciò significa che io ho sbagliato tutto”, ebbe a dire Stanley Kubrick, il regista e chi scrive ricorda ancora interminabili discussioni tra amici cinefili sulla corretta interpretazione della storia narrata.
Sebbene la letteratura di fantascienza si sia storicamente strutturata ed evoluta molto prima del corrispondente genere cinematografico, quest’ultimo ha colmato il gap temporale e ormai ha raggiunto, dagli anni cinquanta in poi (inizio storico della science fiction), un altissimo livello di ricercatezza mentre continua a sperimentare soluzioni sempre più ardite. Una semplice comparazione mentale tra qualche titolo degli ultimi cinque anni e il recentissimo “Avatar” basta per dimostrare la rapidità di evoluzione di questo genere cinematografico. Vincitore di tre premi Oscar nel 2010 (migliore fotografia, migliore scenografia e migliori effetti speciali), “Avatar” è il film evento della presente stagione cinematografica. L’opera è un riuscito mix di trama avventurosa e di effetti speciali, ma contiene anche molti spunti di riflessione sulle tematiche ecologiche e sui meccanismi politici ed economici dello sfruttamento delle risorse ambientali. Non soltanto evasione e meraviglia , non soltanto intrattenimento, quindi, dalla fantascienza, ma anche interrogativi e riflessioni, a volte persino implicazioni etiche che permangono nello spettatore.
Sebbene la letteratura del cinema riporti come primo esempio di fantascienza “Viaggio nella Luna” di Georges Mélies, del 1902, tuttavia solo negli anni cinquanta il genere si afferma con le connotazioni che oggi gli riconosciamo, vale a dire l’ispirazione scientifica alla base della storia narrata. Astronomia, fisica, tecnologia spaziale, biologia, informatica, chimica, cibernetica, ecologia foniscono i presupposti su cui si innescano anche altre discipline, non ultime la storia e l’archeologia. Ambientazioni affascinanti e a volte visionarie, effetti speciali sempre più arditi, l’utilizzo integrato di mezzi e strumenti aggiuntivi in grado di aumentare la suggestione e il coinvolgimento dello spettatore: questi sono progressivamente diventati gli ingredienti sempre più indispensabili alla science fiction.
Il cinema di fantascienza è un genere sempre più controverso e ambiguo: a questo filone appartengono pellicole di estrema povertà, come anche opere tra le più impegnate e di spessore della storia del cinema. Si pensi a un cult del genere come “2001: Odissea nello spazio”; ci siamo lasciati alle spalle l’inizio del millennio e i viaggi sulla luna al suono de “Il Bel Danubio Blu”: essi non fanno parte della prassi quotidiana, ma quanta verità profetica nella supremazia del computer sulla gestione delle attività umane!
“Se qualcuno ha capito qualcosa, ciò significa che io ho sbagliato tutto”, ebbe a dire Stanley Kubrick, il regista e chi scrive ricorda ancora interminabili discussioni tra amici cinefili sulla corretta interpretazione della storia narrata.
Sebbene la letteratura di fantascienza si sia storicamente strutturata ed evoluta molto prima del corrispondente genere cinematografico, quest’ultimo ha colmato il gap temporale e ormai ha raggiunto, dagli anni cinquanta in poi (inizio storico della science fiction), un altissimo livello di ricercatezza mentre continua a sperimentare soluzioni sempre più ardite. Una semplice comparazione mentale tra qualche titolo degli ultimi cinque anni e il recentissimo “Avatar” basta per dimostrare la rapidità di evoluzione di questo genere cinematografico. Vincitore di tre premi Oscar nel 2010 (migliore fotografia, migliore scenografia e migliori effetti speciali), “Avatar” è il film evento della presente stagione cinematografica. L’opera è un riuscito mix di trama avventurosa e di effetti speciali, ma contiene anche molti spunti di riflessione sulle tematiche ecologiche e sui meccanismi politici ed economici dello sfruttamento delle risorse ambientali. Non soltanto evasione e meraviglia , non soltanto intrattenimento, quindi, dalla fantascienza, ma anche interrogativi e riflessioni, a volte persino implicazioni etiche che permangono nello spettatore.
E quale effetto può produrre nella sfera emozionale e comportamentale? Si ipotizza qui un’analisi che può ben applicarsi anche alle situazioni più estreme e fantasiose della science fiction. Per godere la rappresentazione in cui il mondo conosciuto è sovvertito nei suoi strumenti e nelle sue relazioni, si debbono dimenticare schemi logici, esperienze acquisite, abitudini mentali. Bisogna accettare, per esempio, che esistano creature diverse che vengono da altri mondi, con altre culture e altri valori (lezione non da poco per contrastare razzismo e latente). Di certo la visione di un film di fantascienza non permette l’esercizio di creatività dal testo scritto in cui si lascia al lettore la possibilità di visualizzare, con la sua immaginazione, un cielo con tre lune o un mondo dove bambini di seconda elementare progettano il loro edificio scolastico. Tuttavia l’accettazione di una realtà diversa da quella che l’esperienza quotidiana e la propria interpretazione del mondo, presupposto necessario della visione di un film come “Avatar”, rappresenta uno spunto non sottovalutabile per spingere lo spettatore a chiedersi se esista “altro da qui”, uno stimolo a conoscere mondi “alieni”, nel senso di estranei, non ancora esplorati.
Mi permetto la possibilità di esprimere una sottile soddisfazione da “scienziato” sulla fantascienza, sia letteraria che cinematografica: questo genere mostra come le scienze esatte, per molti sinonimo di aridità e schematicità di pensiero, permettano un largo esercizio di poesia e di creatività.
C’è un famoso racconto, “Omnilingue”, in cui la chiave per comprendere la lingua dell’antica civiltà marziana è la tavola periodica degli elementi, in quanto l’idrogeno è sempre idrogeno, sulla Terra come su Marte. Una bella lezione di dialogo interculturale, che fa cadere il pregiudizio fantascienza=evasione.
Schede Film:
TITOLO ORIGINALE: Le voyage dans la Lune TITOLO ORIGINALE: AVATAR
REGIA:Georges Méliès
SCENEGGIATURA: Georges Méliès
Attori: Victor André: Luna (faccia); Bleuette Bernon: Ragazza sulla Luna; Victor André; Brunnet: Astronomo;
Depierre: Astronomo; Farjaux: Astronomo; Kelm: Astronomo; Georges Méliès: Professor Barbenfouillis; Jeanne d'Alcy; Henri Delannoy: Capitano; Ballerine del corpo di ballo dello Châtelet ; Acrobati delle Folies-Bergère: Seleniti
Paese: Francia
Anno: 1902
Durata: 14 min
Colore: B/N
Audio: muto
Genere: fantascienza, parodia
Soggetto: Jules Verne, H. G. Wells
SCENEGGIATURA: Jay Chandrasekhar, Jonathan Davis, Kevin Heffernan, Steve Lemme, O'Brien John, Paul Soter, Erik Stolhanske
ATTORI: Seann William Scott, Johnny Knoxville, Jessica Simpson, Burt Reynolds, Willie Nelson, MC Gainey, Michael Weston, David Koechner, Lynda Carter, Nikki Griffin, Maxwell Jacqui, Carol Dupuy, Louis Dupuy, Brian Edwards, Charlie Finn, Franchi Larry , Gadison Tobi Brown, Hendershot Casey, Alicen Holden, Jaderlund Henry
FOTOGRAFIA: Lawrence Sher
MONTAGGIO: Haxall Lee
MUSICHE: Nathan Barr
PRODUZIONE: Le Immagini Gerber, Warner Bros. Pictures
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures
PAESE: USA 2005
Genere: Azione
DURATA: 106 min
Formato: Colore
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