martedì 27 aprile 2010

CINEMATHERAPY “Le rughe non coprirle che ci ho messo una vita a farmele venire”

@ Maria Pina



Le rughe non coprirle che ci ho messo una vita a farmele venire”. Così rispose la grande Anna Magnani  al suo truccatore. Le grandi attrici, soprattutto le attrici di teatro, sanno che la maturità apre nuove porte all'interpretazione e offre nuovi ruoli con cui confrontarsi: guai quindi a mantenere inalterato l’aspetto fisico, senza lasciare che il passare degli anni faccia emergere sul volto e sul corpo le esperienze vissute.
Ma oggi bellezza e gioventù sono un diktat indiscutibile per tutti, uomini e donne.Bellezza e gioventù che si traducono in una lotta spietata, sfibrante a ogni segnale che faccia discostare l’immagine individuale dall’aspetto che si aveva a venticinque anni.Pelle di porcellana, capelli di seta, corpo tonico e magro non sono richiesti solo a chi svolge un’attività legata all’uso della propria immagine, ma sono vissuti come una necessità imperativa in ogni aspetto relazionale della vita quotidiana. E per ogni segno dell’età esiste un rimedio, persino per ritoccare i primi afflosciamenti delle ginocchia femminili (Demi Moore docet).
Chi scrive, donna in corsa vertiginosa verso la terza età, non sfugge a questi condizionamenti e ciò sia detto per fugare ogni possibile dubbio sulla buona fede di questo intervento. La propria faccia allo specchio di prima mattina, così come l’approssimarsi della prova bikini, provocano sudori freddi anche negli animi più saldi, e non credo di sbagliare in questa valutazione. Tuttavia, qui non si vuole parlare delle legittime e dovute cure alla propria salute/bellezza, né si vuole stigmatizzare la vanità personale che presenta risvolti positivi quando si traduce in buon gusto nel vestire, in rispetto per sé stessi e per la vita sociale, quando diventa espressione di creatività e benessere interiore.
Si vogliono affrontare i risvolti patologici della risposta individuale delle pressioni esterne che vogliono vincenti solo i “giovani-belli-magri”.
La diffusione di disturbi alimentari (bulimia, anoressia) o la paura dei cambiamenti del fisico (dismorfofobia) non è disgiunta dai condizionamenti esterni dovuti all’affermazione di un modello individuale che esclude l’imperfezione e il cambiamento.
Non si può nascondere che spesso anche il cinema ha contribuito a far affermare un modello di donna (e di uomo) perfetto sotto questo punto di vista; ma, per ogni cinepanettone che celebra la divetta del momento, esiste un film di spessore, comico o drammatico, dove Susan Sarandon  e Meryl Streep  mostrano la loro gloria di dive mature.
Per rimanere in ambito italiano, si pensi a Stefania Sandrelli e alla sua quarantennale/cinquantennale carriera.
Attrice ventenne, è il fulcro di pellicole della migliore commedia all’italiana: come non solidarizzare con Marcello Mastroianni che si arrovella per uscire dal suo stanco matrimonio e sposare la sua dolce e inarrivabile cugina?
E chi non si sente di dare dello stupido a Peppino, che rifiuta Agnese perché non più pura in “Sedotta e abbandonata”? 
A trentacinque anni, una Sandrelli dal corpo ammorbidito dall’età fa sognare gli adolescenti che vagheggiano la sapienza e l’erotismo rassicurante della mezza età nel film “La Chiave”. Oggi Stefania Sandrelli ha circa 65 anni; onestamente non so se il chirurgo estetico abbia mai toccato il suo volto, ma di sicuro non segue diete.
Recentemente sullo schermo ha interpretato il ruolo della madre in “La prima cosa bella” di Paolo Virzì: un ruolo difficilissimo -da cui il binomio bellezza-gioventù è escluso- e cioè quello di una donna in età, ormai malata terminale di cui viene ricostruita la vita fuori dagli schemi condotta nel passato. A interpretare il ruolo di lei da giovane è chiamata Micaela Ramazzotti, bellissima, incantevole, in quanto la bellezza della protagonista è elemento essenziale dello sviluppo della trama.
Ma guardiamo le ultime dolorose immagini del film: un impietoso primissimo piano è fissato sul volto della Sandrelli e lo spettatore si perde negli occhi dell’attrice, è rapito dalla dolcezza della sua voce e delle sue parole, ne segue le pieghe del suo sorriso. Occhi, voce, sorriso: sono questi i veicoli della bellezza che nasce dalla accettazione di sé e della propria storia, conquista per alcuni e consapevolezza istintiva per altri, a dimostrazione che il tempo non distrugge, ma trasforma l’avvenenza giovanile nel più duraturo fascino.

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