venerdì 12 marzo 2010

CINEMATHERAPY, LA CADUTA. IL FASCINO DISCRETO DEL MALE

Maria Pina Egidi

Nel blog gemello di drammaterapia, ci è stato inviato il post " Drammaterapia: amore e distruzione in una frase", ispirato al film “La caduta- gli ultimi giorni di Hitler”,  per introdurre e commentare parte del percorso creativo ed emozionale che del gruppo impegnato nella rappresentazione ispirata a “Il rinoceronte” di E. Ionesco. L’opera è, drammatica e complessa e si presta a diversi piani di lettura: storico-documentale, psicologico, ideologico o puramente narrativo ecc. Vogliamo in questa sede, analizzarne alcuni aspetti più specifici, legati alla rappresentazione del personaggio di Adolf Hitler.
Basato in parte sui racconti di Traudl Junge, che fu segretaria di Hitler durante gli ultimi giorni dell’aprile del 1945 del dittatore e dei suoi fedelissimi, nel bunker della Cancelleria del Reich, il film mostra gli eventi e le dinamiche tra gli abitatori dell’ultimo baluardo del nazismo. Mentre la Germania è allo stremo e Berlino sta per cadere, il Fuhrer sta progettando l'impossibile e folle riscatto del grande Reich, indifferente e insensibile alla caduta sempre più prossima. Con lui, nell’estrema follia, vi sono Eva Braun, Joseph Goebbels e la sua famiglia al completo, i fedelissimi dell’ultima ora, collaboratori e domestici. L’epilogo del film è conforme alla verità storica conosciuta: il matrimonio in extremis, il suicidio, pochi sopravvissuti. Tra questi la giovane segretaria Traudl che il Tribunale di guerra dichiarerà innocente, vista la giovane età.

Molti anni dopo gli eventi narrati nel film, Traudl Junge, in più di una intervista, affermerà dolorosamente di sentirsi ancora colpevole e connivente e di non aver mai considerato la sua gioventù all’epoca dei fatti come un alibi o un’attenuante. La donna, assolta dal tribunale di guerra, è colpevole secondo il tribunale della propria coscienza. Durissima conclusione; condivisibile se si fa proprio l'assunto che esistano diversi gradi di responsabilità individuale e che l'assenza di consapevolezza, la connivenza con il potere, l'ignoranza e la passività sostengano l'anima nera del mondo. Come può una ragazza di provincia di appena ventidue anni -tra l’altro, neanche iscritta al partito nazista- aver aderito in forma così totale a una ideologia di morte, tanto da sentirsi una criminale di guerra dopo tanti decenni? La risposta viene offerta dal film. Poter rappresentare i fatti da più angolazioni e più punti di vista, tanti quanti sono i protagonisti, è la grande forza di cinema e teatro, soprattutto se si parla di realtà storica. Viene data allo spettatore la possibilità di comprendere, in maniera globale, le dinamiche e le motivazioni delle azioni narrate che attraverso altre forme narrative, sarebbero evidenziabili solo per mezzo di processi di analisi e sintesi più articolate e complesse.

Deve essere preliminarmente detto che la situazione descritta, al di là della sua collocazione storica, è estrema. Senza dubbio la giovane Traudl del film è ritratta nella sua fase acerba, e, nella decotentestualizzazione storica e umana del film, le mancano ovviamente i punti di riferimento etici e culturali con cui rapportarsi. Bruno Ganz, che interpreta il Fuhrer, dà vita a un personaggio sempre sconvolgente: momenti più estremi di delirio si alternano a scene di bonarietà, comprensione, persino gentilezza d'animo . Si veda la scena in cui paternamente passa in rassegna le aspiranti segretarie e sceglie, alla fine , Traudl , “la ragazza di Monaco”, come sua diretta collaboratrice. Si pensi alla tenerezza delle carezze al cane, l'estrema fedeltà a Eva Braun o, ancora, al tremore che scuote la sua mano, che suscita immediatamente nello spettatore la visione dei propri vecchi afflitti dal Morbo di Parkinson.


Quando nelle sale cinematografiche, Il film lasciò interdetta parte della critica: troppo audace la rappresentazione delle contraddizioni del personaggio; troppo pericoloso “umanizzare” e “quotidianizzare” Hitler; inimmaginabile suscitare nello spettatore una forma -sia pure larvale- di empatia per quel tremore parkinsoniano e per quelle carezze al cane. Il rischio di uno scandaloso revisionismo era vista dietro l'angolo. A mio parere, il film è invece ben lontano da tale rischio. Esso mostra crudelmente una verità semplice e terribile. Sarebbe bello se l'istinto di distruzione e di morte, l'indifferenza verso i propri simili, la sopraffazione, l'inganno e tutto quello che si identifica con il concetto di “male” fossero sempre riconoscibili. Il biblico marchio di Caino, se fosse visibile e immediatamente identificabile, sarebbe un vantaggio enorme per riconoscere e individuare chi ha fatto del male la propria guida. Non vi è puzzo di zolfo rivelatore che segnali la presenza del maligno, né la bellezza ambigua e inquietante di un angelo caduto, forse in lotta con il suo creatore o forse semplicemente desideroso di vivere la propria individualità. Il male, il “demonio”, le anime nere sono subdoli e astuti: si nascondono dietro le spoglie della normalità, violano le serrature della coscienza umana con il grimaldello della banalità, della discrezione e del basso profilo.
La visione di film come “La caduta” è forse una delle situazioni meno “passive” per lo spettatore. Coinvolge sensi, emozioni e senso morale. Solo per citarne alcuni effetti: stupore di fronte alla crudeltà delle dinamiche dei suicidi (si veda Magda Goebbels), forse senso di colpa se, per una frazione di secondo, si è registrata la gentilezza di Hitler verso Traudl, rabbia di fronte al momento di relax di due donne che fumano all’esterno del bunker una sigaretta clandestina, prese dal piacere della situazione, ma cieche verso le macerie che le circondano Un’opera del genere rischia di lasciare lo spettatore sensibile con un senso di disagio che, se non “processato”, sarebbe un’opportunità persa. Il risveglio della coscienza, nuovi interrogativi sul proprio senso morale , sulla propria capacità di discernimento, sul proprio ruolo nel contesto in cui si vive e si opera, l’uso sapiente del senso critico e del libero arbitrio non sono solo capisaldi dell’etica personale, sono anche gli elementi che determinano l’identità individuale e la sua percezione , la pienezza e la saldezza che può chiamarsi “benessere”.
Uno spunto ricchissimo per la cinematherapy.

Foto: fotogrammi da La Caduta, gli ultmi giorni di Hitler,  di Oliver Hirschbiegel, 2004
Movie: Trailer di The Downfall: Hitler and the End of the Third ReichFilmografia:


Titolo originale: Der Untergang. Nazione: Germania. Data di uscita: 2004. Genere: Drammatico. Durata: 150 minuti. Regia: Oliver Hirschbiegel. Cast: Alexandra Maria Lara, Bruno Ganz, Corinna Harfouch, Juliane Kohler, Ulrich Matthes

3 commenti:

Andrea Scaramuzza ha detto...

"La caduta" e' un film che ho particolarmente amato. Non perche' condivida l'ideologia hitleriana, che e' lontanissima dal mio modo di pensare, altresi' perche' dimostra come, citando De Andre' "il sistema ti pigli per fame". E' innegabile che l'ideologia nazionalsocialista, si inserisce nelle maglie di una Germania uscita sconquassata dalla prima guerra Mondiale. Questa debolezza permette al regime di costruire le sue strutture che risultano molto piu' forti e pregnanti di quanto non siano negli altri paesi europei in cui abbia avuto luogo una dittatura.
Il sentimento nazionalista che poi si traduce in sentimento razzista ed antisemita, si sviluppa in Germania, in un lasso di tempo che e', storicamente irrilevante, se e' vero che in Italia possiamo, ahinoi, parlare del "ventennio" e che la Spagna ha vissuto una dittatura durata quasi il doppio di quella italiana.
Il Nazionalsocialismo si afferma, democraticamente ed e' questo il paradosso, nel 1933, per poi cadere nel 1945. Nell'arco di poco piu' di un decennio di governo, Hitler ed i suoi accoliti hanno la possibilita' di fare e disfare a piacimento, con poche contraddizioni da parte del popolo.
Storicamente sono conosciuti solo i tentativi di "resistenza" da parte del movimento de "La Rosa Bianca" e il tentativo da parte del Colonnello Von Stauffenberg, di porre fine alla dittatura del Reich, eliminando il Fuhrer.
Credo che in fondo, la pellicola sia assolutamente reale e non dovrebbe, come leggo dal pezzo ha fatto, portare ad una critica che si domanda quanto sia giusto porre l'immagine di Adolf Hitler come "persona normale".
Questi altro non era appunto che una persona normale, con tutte le sue debolezze e soprattutto le proprie contraddizioni, con una predisposizione al comando superiore agli altri, che ha ritenuto di sfruttare nella maniera piu' bieca del termine, ovvero non in maniera razionale e democratica.
Ritengo altresi' che questo film sia "terapisticamente" piu' utile di altri.
Mentre film come "Schindler's List" o "La vita e' Bella" raccontano come si svolsero i fatti, a regime insediato, senza andare ad indagare come questi si insedio' e rimase in auge, ne "La Caduta" riusciamo a capire come Hitler fosse umanamente, e quale fosse la sua "forza".
E si comprende come, per quanto con sfumature diaboliche, il Nazismo altro non sia che, purtroppo, un movimento "umano".

Gianni ha detto...

Avrei voluto vedere il film "La caduta" ma non l'ho fatto. Non so perchè, non so spiegarlo nè razionalizzarlo ma non l'ho visto, come evito di guardare i film che parlano di dittature e guerre fraticide; o quegli splendidi filmati dell'Istituto Luce, quando parlano del nostro "ventennio".
Ineguagliabili spaccati del costume e degli usi della società dell'epoca, forniscono un quadro veritiero del periodo ma...
Mi fanno male. Mi fa male pensare che l'uomo sia capace di tanta efferata crudeltà. Mi provoca dolore la "dittatura", e le morti ad essa dedicate. Dittatura virgolettata perchè rappresentante di qualcosa che va oltre il significato letterale del termine. E' L'ANNULLAMENTO DELL'ESSERE UMANO! L'annientamento del suo pensiero, la sua morte interiore, l'annichilimento cerebrale. Mi preoccupa il fatto che anche di fronte all'evidenza, la quasi totalità della società, in medesime situazioni, faccia finta di niente, lasciando che le cose vadano come vanno, salvo poi venir fuori a giochi fatti, ad arrogarsi il merito di aver fatto tutto il possibile per cambiare la situazione, di aver pensato di farlo ma... O ancor peggio dire: "Ero all'oscuro di tutto".
Ma dove c... stavi nelle catacombe? In montagna a fare la pubblicità dell'acqua minerale? Poi ho un flash. Di fronte alla difficoltà emozionale anche io faccio finta di niente. Non mi faccio coinvolgere, non riesco a vedere, nè a sentire le richieste di aiuto di chi ho a fianco... Eppure sono persone a cui sono legato, a cui tengo, a cui dico di voler bene. Cosa vuol dire voler bene? Ancora una domanda si aggiunge alle domande eluse, senza risposta, ignorate, ecc.. della mia vita. Ben venga il dubbio a farmi riflettere. Gianni

Maria Pina Egidi ha detto...

Noto con piacere che il film esaminato ha generato riflessioni, dubbi e analisi.
Prima di tutto, un grazie ad Andrea per averci visitato per la prima volta e per il lungo commento lasciato.
Grazie anche a Gianni, per gli spunti forniti.
I due commenti sono accomunati dalla stessa tematica, a quanto mi sembra: l'essere umano con la sua parte nera, incarnato dalla figura di Hitler.
Ma, come dice Gianni, c'è una risorsa importante che l'essere umano possiede e cioè l'esercizio del libero pensiero.