lunedì 25 ottobre 2010

Cinema Alchemy: Using the Power of Movies for Healing and Transformation by Birgit Wolz.

Un interessante Workshop di Cinematherapy sarà tenuto dal 20 al 25 febbraio 2001 presso il Esalen Institute, Big Sur, California. Brigit Wolf ci informa che si tratta di un workshop esperenziale...
Inquiries into our emotional responses to movies open a window to our soul. How we relate to a film's archetypal motifs reveals our inner life. Together we build a bridge between our realizations in "reel" life and our experiences in real life. Watching films with conscious awareness makes us recognize aspects of our shadow self, and help us find our authentic self and essence.
Potete trovare la completa descrizione del seminario a questo link.
Registrazione: 831-667-3005 o mailto:info@esalen.org
Buona Fortuna per il tuo Workshop, cara Birgit!. Noi continuiamo a seguire le linee guida del tuo lavoro. Cinema-dramaterapia Team (listed in Cinematherapy.com Professional Directory)

domenica 3 ottobre 2010

Cinema, Cinema-forum, Cinematherapy: come vediamo i film oggi

@ M. Pina Egidi, E. Gioacchini

Il cinema e tutto quanto gira intorno alla sua costruzione sono oggi in una accellerata evoluzione che promuove nuove riflessioni. La sua nuova dimensione tecnologica, le modalità di fruizione sono profondamente cambiate. Arte cinematografica e prodotto on demand per un identico spettatore?

Chiedete a chi è nato prima degli anni ottanta di raccontarvi un film visto ai tempi in cui era studente, sposina, militari di leva e -sette volte su dieci- vi parlerà non solo della pellicola, ma anche della circostanza in cui l'hanno vista. Vi descriverà la sala o la piazza dove è stato proiettato, rievocherà la serata, le emozioni, nominerà le persone che erano con ui, saprà indicare, se non la data esatta, almeno la stagione dell'anno di quell’evento. Insomma, vi descriverà una storia –il film- dentro a un'altra storia -la sua-, magari distorta dalla nostalgia, incompleta e, se non reale, almeno realistica, dove le emozioni del momento vissuto si mescoleranno a quelle rievocate dal ricordo del film.
Sagre patronali, quando la gente si recava in arene improvvisate sulla piazza di paesini, portando con sé la sedia da casa e tutta la comunità partecipava all'evento, con commenti estemporanei e battute lanciate dal fondo, condividendo e enfatizzando emozioni collettive. Domeniche pomeriggio di uscita coniugale, con il vestito buono, ritualizzate come la messa grande delle undici e l'aperitivo nei tavoli all'aperto di un bar. Il gruppo di amici riuunito, nelle sale di seconda visione, a sghignazzare sul film scollacciato negli anni settanta. Educazione (o diseducazione) sentimentale collettiva iniziata, nei pomeriggi dopo la scuola, davanti a “Il Tempo delle Mele” e “Laguna Blu” nei primi anni ottanta.

Il valore aggregativo del cinema e il suo ruolo di formazione, celebrato in molte scene da “Nuovo Cinema Paradiso”, è andato perduto? A una prima analisi, forse sì, se si pensa, ad esempio, alla fruizione dei cinema multisala, nei contesti urbani. Il “cinemino” sotto casa, o la sala di seconda visione per assistere a proiezioni in totale relax con gli amici sembra un ricordo lontano. E’ della stessa idea Emanuele Protano, critico cinematografico di Point Blank (http://www.pointblank.it/), come ci evidenziava in un nostro incontro non molto tempo fa: Il cinema ha perso il suo valore aggregativo......Oggi il cinema è più un discorso individualista: è ancora un aggregatore numerico, ma non esperienziale. La gente va in massa al cinema, ma non ci va in quanto “massa”, ma in quanto migliaia di unità. Questo mi pare facilmente comprensibile e constatabile da ognuno di noi. Se il cinema è ancora aggregativo (il che è tutto da dimostrare) allora lo è in maniera post-esperienziale, ovvero composto da gente che DOPO il film se ne ritrova a parlarne in maniera così disinteressata, la maggior parte delle volte…”. La stessa maggiore diffusione di “pellicole” (possiamo ancora chiamarle così?) attraverso le reti web permette la fruizione del prodotto cinematografico in una dimensione “solitaria”, che quindi spesso viene a privarsi dell’elemento di discussione sociale su di essa.

D’altra parte, la trasformazione digitale del cinema che è in atto, con l’utilizzo sempre maggiore di una tecnologia tesa all’effetto, sia nel senso del realismo (vedi 3D), sia di superamento fantastico di questo, comporta tendenzialmente un irretimento dell’attenzione dello spettatore su aspetti che sono più formali, appunto spettacolari, con un conseguente disinteresse per la validità della “storia”; questa dinamica è maggiormente osservabile nelle fasce più giovani del pubblico. Già nel 1996, a proposito di media e televisione, il sociologo francese Jean Badudrillard (Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà? Cortina Raffaello Ed. 1996) definiva il furto della realtà -la tendenza della realtà a sparire davanti ai nostri occhi- “il crimine perfetto”; infatti la mente moderna, tecnologizzata, non si limiterebbe ad accettare la realtà virtuale, ma arriverebbe a preferirla. Riguardo quest’ultimo aspetto, desideriamo sottolineare che, ad esempio, l’iperspazio virtuale di un film si presta a immedesimazioni in termini di virtualità sonora e visiva, che si prospetta possa diventare sempre più multisensoriale, che vanno oltre quella squisita qualità che da sempre ha avuto il cinema, cioè la capacità di “mentire” attribuita alle sue immagini ed al loro uso artistico, e questo non è riducibile solo in termini di stimolazione percettivo-emozionale. Quello che si immagina possa avvenire è il passaggio del cinema e della narrativa da luogo di fruizione di “visioni” a quello di “vissuti”. trasmettere L’elemento di mediazione tra la realtà e l’uomo non può essere costituito prevalentemente da un apparato fisico, così come il nostro pensiero ha bisogno del dubbio, funzione categoriale diversa dalla stima statistica. A tale proposito, può essere utile ricordare come Freud, alla lusinga offerta dai Surrealisti alla sua psicanalisi, quando celebravano l’arte come espressione diretta dell’inconscio, opponeva invece uno sdegno, perché egli pensava che tra il serbatoio delle nostre più profonde energie e l’espressione artistica esista una “velatura” che dà senso, un campo, dunque, indefinito e personale che non è riproducibile o semplicemente dicibile in termini di pulsione e percezione. E, se riflettiamo bene, sino a non molto tempo fa, il massimo prodotto eidetico della mente era costituito solo dall’arte. Oggi, il cinema non può essere schivo al fascino della tecnologia, ma certamente in esso questa non costituisce l’elemento da privilegiare. Si tratta di un problema alquanto datato e che riguarda in genere tutte le fore di arte. Anche per il cinema riteniamo tuttora valida la risposta di Bertold Brecht, secondo il quale, l'arte, in generale, non è uno specchio con cui riflettere la realtà, ma un martello con cui darle forma.

Quanto descritto certamente possiede un ruolo di distrazione dai messaggi più importanti che una pellicola può trasmettere. Non si vuole qui esprimere un giudizio sulla validità o meno di questo ruolo emergente, spesso solo ricreativo ed usa&getta del cinema e rischiare di cadere in valutazioni scorrette o superficiali; preferiamo invece indagare dove sia ancora presente la funzione aggregativa, educativa, esperienziale della fruizione del prodotto cinematografico.

Si è accennato poco sopra ai contesti urbani: senza dubbio, la nascita dei cinema multisala o di piccole cittadelle sviluppatesi intorno ad essi, dove si può cenare, fare shopping, incontrarsi –cioè fare altro, che non solo andare al cinema- risponde alle esigenze della grande città. E' molto più semplice trascorrere una serata in un sito ove tutti i componenti che costituiscono il momento di evasione sono raccolti in un unico sito, in maniera da offrire ogni servizio a portata di mano.In simili contesti, diventa limitativo dire che “si va al cinema”…

Senza mettere in discussione una tale modalità di fruizione, legata a logiche economiche, è tuttavia innegabile che tale contesto sia altamente dispersivo e che venga meno la condivisione dell'evento. In tali circostanze. È alto il rischia di perdere la memoria emotiva del film appena visto, perdendo così una delle più belle funzioni del cinema che gli appassionati conoscono bene.

Se si vuole ritrovare il sapore della condivisione vera e profonda del cinema, è nei cineforum che va cercata e, in particolare, in iniziative di tale genere che nascono in risposta a situazioni di criticità e di fragilità culturale. Cenacoli di discussione sul cinema e contesti dove quest’ultimo trova un uso dedicato alla terapia (cinematherapy) trovano d’altra parte sempre una maggiore diffusione nel nostro paese ed all’estero.

La provincia italiana, dove la vita quotidiana è fortemente condizionata dai ritmi e/o ai problemi dell'economia locale, offre, a parere di chi scrive, molti esempi di situazioni in cui si può ritrovare “l'antica” modalità di godimento del cinema, con il valore aggiunto che molte iniziative nascono spontaneamente “dal basso”, senza cioè interventi manageriali.La proiezione di pellicole di successo della stagione invernale, durante le sagre estive, è ad esempio ancora viva in molti piccoli centri del Lazio e, in alcuni casi, sono nate spontaneamente delle vere e proprie rassegne di grande qualità, curate da appassionati e cultori della materia locali.

Prendiamo degli esempi vicino alla capitale. Nel reatino, è attiva la rassegna dedicata a Fausto Tozzi , che si è strutturata in maniera sempre più professionale , ma senza perdere la caratteristica della fruizione di piazza e di animazione per il piccolo centro che la ospita.

A Itri, provincia di Latina, è attivo il CinemaBrigante, nato da un gruppo di giovani auto-organizzatisi, con l'obiettivo dichiarato di migliorare “la qualita della vita degli appartenenti alla comunità locale.” Il gruppo organizza il Cineforum permanente , attivo durante l'anno a seconda delle situazioni contingenti, che è caratterizzato da due elementi fondamentali e imprescindibili: 1) prima della visione del film in programmazione, tutti i partecipanti propongono o suggeriscono, sotto la guida del moderatore, eventuali pellicole da proiettare nella settimana successiva, anche illustrandone la trama; 2) i titoli proposti vengono votati democraticamente per alzata di mano e il film con maggiori consensi, ovviamente, è proiettato nella settimana successiva. La stagione del cineforum si sviluppa così, step by step, con una caratteristica di continuità conferita dalle decisioni collettive e condivise. In una situazione come quella appena descritta è evidente come venga a crearsi un evento altamente partecipato che risponde a molteplici necessità: il desiderio di stare insieme in modo diverso, di condividere identici percorsi di crescita nello scambio e di arricchimento personale, la reazione a sistemi e contesti di vita spesso avvertiti poco stimolanti.